Una disposizione che tuteli i disabili dalla burocrazia


Ignorantia legis non excusat, dura lex sed lex.

Alzi la mano chi di voi non ha mai sentito almeno una volta nella vita questi latinismi.

Come immaginavo, siete davvero pochi.

Per quanto possa essere dura, la legge va rispettata, non è ammissibile addurre giustificazioni per la sua inosservanza.

Tendenzialmente nell’ordinamento vige tale principio.

In realtà non è sempre vero, esistono dei casi in ambito amministrativo in cui tale principio viene mitigato.

E ….. se venissero introdotte delle giustificazioni per quelle famiglie che hanno in carico una persona con disabilità grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 legge 104 cosa pensereste?

Ausili per persone con disabilità 

Spesso le famiglie con disabilità conclamate vivono in condizioni in cui oltre le incombenze burocratiche quotidiane devono barcamenarsi con problemi di salute non indifferenti che costringono a frequenti ricoveri, visite di controllo, day hospital, ecc.

In aggiunta, senza farsi mancare niente, devono fare fronte alle incombenze burocratiche che gravano nella vita di chi ha in casa una persona non autosufficiente (Icric, Isee, Red), rapporti con le Asl per ausili e presidi sanitari, appuntamenti con gli assistenti sociali, ecc.

La vita di una famiglia con una persona con disabilità non gravità unicamente attorno al disabile, ma si riempie anche di tutte le altre problematiche che vivono quotidianamente le famiglie che non hanno problemi di salute: la spesa, i figli, la scuola, i pagamenti, le code in posta, ecc.

La pubblica amministrazione prevede in capo a chiunque, in alcuni ambiti, incombenze di tipo burocratico il cui ritardo rispetto la scadenza o la mancata esecuzione determina sanzioni di particolari gravità come la decadenza, vale a dire la perdita della possibilità di fare valere un diritto soggettivo o un interesse legittimo.



Per fare un esempio riprendo, il caso della Bolkestein accaduto alla mia famiglia.

Sulla base di tale legge era stato previsto l’obbligo per i Comuni di predisporre dei bandi per il rinnovo delle concessioni delle attività del commercio ambulante che determinano il rilascio di un’autorizzazione concessione o licenza da parte degli enti locali attraverso la quale è poi possibile esercitare l’attività sul suolo pubblico.

In caso di mancata partecipazione al bando le famiglie avrebbero perso le loro concessioni e quindi il posto di lavoro.

È così accaduto che la mia famiglia abbia perso il posto per una politica scellerata avallata da burocrati e dirigenti amministrativi inetti.

In questo caso, secondo voi, sarebbe opportuno prevedere per una famiglia con una persona con grave disabilità in carico il diritto ad una proroga dei termini?

Vi dico che esistono già delle norme nell’ordinamento che vanno in questa direzione.

Tanto per rimanere in tema e fare riferimento ad una norma specifica, per ritornare al discorso delle concessioni ambulanti, lo stesso decreto di rinnovo, stabilisce che il procedimento debba tenere conto della sussistenza di gravi e comprovate cause di impedimento, come “l’assistenza a figli minori con handicap gravi come previsto dall’art. 33 della legge n. 104/1992 e dall’art. 42 del d. lgs. 151/2001“.

Norme di questo tipo sono rinvenibili anche in altri ambiti.

Prendiamo ad esempio, le norme previste per lo svolgimento dei concorsi pubblici che prevedono tempi ulteriori per le persone con disabilità.

Il comma 1 dell’art. 16 della legge 68 del 1999 dispone infatti che “i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri”.

Un riferimento di carattere generale potrebbe invece essere individuato nell’ambito dell’art. 30 della Legge n. 104 del 1992, che, in materia di partecipazione, stabilisce che “Le regioni per la redazione dei programmi di promozione e di tutela dei diritti della persona handicappata, prevedono forme di consultazione che garantiscono la partecipazione dei cittadini interessati”.

Se guardiamo invece la legge n. 241 del 1990 che disciplina il procedimento amministrativo, in essa non vi è traccia di una norma o di un brocardo che preveda una qualche forma di agevolazione o tutela per le persone con disabilità.

Le famiglie con persone con disabilità come chiunque altro sono dunque in generale lasciate in balia dell’azione amministrativa e poco importa che abbiano comprovate problematiche.

Pensiamo solamente ai malati oncologici sottoposti a trattamenti chemioterapici, oppure a pazienti con un’insufficienza renale cronica che necessitano di trattamenti dialitici.

Eppure, come abbiamo visto, tali disposizioni esistono in ambiti specifici, perché sono norme di civiltà, perché sono norme che afferiscono all’equità sociale, non sono concessioni, elargizioni o favoritismi.

Dunque, il legislatore dovrebbe inserire una norma di carattere generale da fare valere laddove vi siano comprovati casi di malattie gravemente invalidanti ai sensi dell’art. 3 comma 3 legge 104, subordinando l’applicazione della deroga alla sussistenza di cause antecedenti, concomitanti o susseguenti connesse con lo stato di disabilità che siano sopravvenute.

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